domenica 30 marzo 2014

Qualcosa

- Ehi.
- Ciao.
- Parliamo di tutto per non parlar d’amore?
- Che domanda è?
- È una citazione. Battisti.
- Sì.
- Sì?
- Sì, lo sapevo. Sì, parliamodituttopernonparlardamore.
- E se per una volta invece parlassimo d’amore?
- E perché dovremmo? Mica siamo innamorati.
- Allora parliamo di sentimenti. Ci saranno dei sentimenti. Tra me e te.
- Dobbiamo proprio? Non ti sembra prematuro?
- Prima è prematuro. Dopo è troppo tardi. Facciamo durante, per una volta.
- Durante cosa?
- Durante questa cosa tra me e te. È una cosa, giusto? Se è una cosa, e siamo qui, ha pure un durante.
- Non so, non ti sembra di esagerare?
- Esagerare?
- Una “cosa”. È una parola impegnativa, non trovi?
- Ah. E come la definiresti tu?
- Devo proprio? Sono brutte le definizioni. Stringono.
- Devi.
- …
- Niente? Non ti viene niente?
- È qualcosa.
- Ah, occhei. Non è una cosa, ma è qualcosa.
- Qualcosa è meglio di niente.
- Non ne sono più sicuro. E se facessimo come nei film?
- Cioè?
- Che per una volta ci diciamo tutto. Che facciamo una di quelle conversazioni catartiche.
- La vita non è un film.
- Sì, ma nei film lo facciamo, perché non proviamo a farlo anche nella vita vera?
- Perché se lo facessimo già nella vita vera non ci sarebbe bisogno di farlo nei film.
- Ma io ho bisogno di sapere.
- Eh, che pretesa.
- Non ce l’abbiamo tutti?
- Io no. Io sto benissimo senza sapere.
- No. Tu stai benissimo senza far sapere, è diverso.
- Io non chiedo nulla. Perché dovrei essere obbligata a fornire informazioni?
- Perché io non sono te.
- Eh… Non posso pretendere tanto.
- Non credi che me le meriti, delle spiegazioni?
- Cosa avresti fatto per “meritartele”?
- Non ce le meritiamo tutti?
- No!
- Come no?
- No. E poi non c’è niente da spiegare. Non c’è mai niente. Mi conosci.
- No che non ti conosco.
- Sì, invece. Tu non hai bisogno di spiegazioni, hai bisogno che ti confermi quello che già sai.
- In realtà speravo che mi dicessi il contrario.
- Se fosse così non saremmo neanche qui a fare questa conversazione.
- Infatti non siamo qui.
- Come no? Sei matto?
- Purtroppo no, per niente.
- Tu sei matto.
- Al massimo ho un disturbo di sensibilità.
- Sei un presomale.
- Ah, questo è certo. Resta il fatto che non siamo qui.
- E allora dove saremmo?
- È tutto nella mia testa. Siamo nella mia testa.
- Cioè siamo inventati?
- Sì.
- Se lo fossimo non potrei… Fare… Questo!
- …
- …
- Bel tentativo. Dolce anche. Sono bravo. Me lo dico da solo. Bravo e autolesionista.
- Io. Io sono brava. Tu hai solo subìto. Con quella faccia da pesce lesso.
- Tu sei me.
- Se fossi te, o una parte di te, mi comporterei così?
- È che ci tengo al realismo.
- Ah, sì? Allora quale sarà la mia prossima mossa?
- È un vero peccato che debba mantenermi fedele al realismo.
- Sennò?
- Sennò avresti già iniziato a spogliarti.
- Eh, ti piacerebbe…
- Mi piaceva.
- Anche a me.
- E poi?
- Davvero lo vuoi sapere?
- No, hai ragione tu. Non fa differenza.
- E adesso? Cosa farò?
- Credo che te ne andrai.
- Mi volto e scappo via?
- No, niente di così narrativo.
- Sparisco e basta?
- Forse è meglio.
- Tanto lo sai che torno.
- Solo qui?
- Non lo sai.
- Eh, no. Non lo so.

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