domenica 8 aprile 2012
L'uomo che amava le donne tatuate
L'uomo che amava le donne tatuate non era un maniaco, o almeno non si considerava tale.
L'uomo che amava le donne tatuate non le amava da sempre, era più una cosa che gli era cresciuta dentro con gli anni. Anche volendo non avrebbe saputo stabilire una data d'inizio, un evento scatenante.
Forse per questo l'uomo che amava le donne tatuate non si considerava neppure un feticista. I feticisti hanno sempre di mezzo castrazioni, invidie del pene, complessi d'Edipo e d'Elettra, sublimazioni, transfert, Freud, Jung Lacan e compagnia bella. Al massimo un estimatore. All'uomo le donne tatuate piacevano di sicuro molto, ma piacevano e basta. O almeno questo lui avrebbe spiegato se glielo aveste chiesto.
Questo amore necessiterebbe di un approfondimento. Non tanto sulla natura dell'amore stesso o dell'uomo, quanto sull'oggetto. Donna tatuata è ormai una categoria troppo vaga e soprattutto ampia. Non conosciamo le statistiche, ma si potrebbe pensare che almeno i due terzi delle femmine tra i diciotto e i trentanni oggi come oggi abbia un tatuaggio. Molto inflazionati caviglia, collo del piede, spalla, inguine, schiena e fianco. Ultimamente sta prendendo piede anche la nuca e quel lembo di pelle tra orecchio e attaccatura dei capelli.
Ma non è che l'uomo amasse per questo tutte le donne tatuate, anche se, messo alle strette, avrebbe confessato che si considerava un formidabile osservatore di tatuaggi, anzi, addirittura un individuatore, intendendo con questo l'esperto che con occhio clinico sa sempre dove guardare, e intuisce comunque dal più piccolo dettaglio che rientra nel proprio campo visivo la presenza dell'inchiostro sulla (o nella) pelle di una femmina.
Ammettiamolo, l'uomo che amava le donne tatuate provava un gran piacere a scoprire lettere e parole, piccole fantasie colorate, simboli, ideogrammi, disegni iconici o icastici che l'abbigliamento femminile lasciava fugacemente intravedere. Era uno dei motivi per cui l'uomo rifioriva a ogni primavera, più che un ciliegio. Si dedicava a lunghe passeggiate per le vie del centro, tra scollature che crescevano, pantaloni che s'accorciavano e talvolta si trasformavano già in gonne, calze e leggins che sparivano, lasciando spazio a preziosi centimetri di chiara epidermide. Lo considerava una specie di talento naturale, non serviva neppure fare uno screening completo delle ragazze che gli si paravano di fronte, era come se l'occhio, mosso da volontà propria, cadesse proprio lì dove la pelle era stata segnata.
E di sicuro non avrebbe saputo spiegare a parole l'emozione data da un tatuaggio che appare furtivo in seguito a un movimento un po' più pronunciato del solito, una torsione del busto, un piegamento in avanti, un allungamento che porta la mise indossata a sfilarsi dalla propria sede, liberando superfici cutanee solitamente riservate.
Una volta era rimasto incantato, ipnotizzato in mezzo al marciapiede, osservando una ragazza intenta ad agitare un braccio per richiamare l'attenzione di un conoscente: il movimento si era trasmesso alla manica corta della camicia a sbuffo che la giovane portava, facendo apparire uno "smile" (sì, il classico smile giallo e rotondo con gli occhi grandi e il sorrisone congelato) sul fianco, proprio sotto l'ascella.
No, nonostante l'uomo apprezzasse e ricercasse tali piccole epifanie, non è di questo amore che stiamo parlando. Questo era più il carburante necessario ad alimentare quotidianamente il motore.
L'amore era sbocciato per caso, chissà chi o cosa aveva piantato il seme, facendosi strada sottopelle (non poteva essere altrimenti), e trovando subito un terreno fertile nella moltiplicazione di blog, siti web e network di condivisione fotografica dedicati all'universo delle giovani donne tatuate. Una quantità smodata di foto di ragazze più o meno nude, ma comunque ricoperte di disegni e scritte di ogni tipo. L'uomo passava magari non proprio ore ma molti minuti saltando da un link all'altro, ammirando questi giovani corpi segnati in maniera indelebile. Non gli dispiaceva di certo l'aspetto erotico delle immagini, le ragazze erano sempre belle e discinte, spesso atteggiate in pose provocanti, ma sapeva che non era quello l'elemento davvero importante. Magari lo stuzzicava di più lo scatto rubato di una donna intenta a seguire con le dita foglie e petali del fiore che aveva tatuato sulla coscia.
Che poi lo sapeva che donne così, di quello che si trovano su internet, nella vita vera, reale, non esistono. O se esistono stanno nascoste, forse escono solo di notte, più probabilmente frequentano solo i propri simili. Se così è, l'uomo sapeva che il suo amore difficilmente sarebbe stato corrisposto. Egli infatti di tatuaggi non ne aveva.
Cos'era? Cos'era quindi che lo attirava magneticamente verso quella dimensione del mondo femminile? Sarebbe sbagliato credere che non ci pensasse. Se lo domandava anche lui. Non era giunto a una risposta univoca, di certo gli piaceva l'idea che qualcuno decidesse di segnare il proprio corpo, di modificarlo in maniera definitiva, e che lo facesse con una modalità così evidente, ostentata, attraverso simboli e immagini che era abbastanza raro che fossero davvero originali (che un tot numero di donne cercasse di affermare la propria sensibilità, individualità, intelligenza tatuandosi stelle di varie forme e dimensioni, invece di ripugnarlo lo eccitava). Una forma di devianza, un atto di ribellione ormai socialmente accettato, una folla in cui tutti urlano "Io!". Di sicuro era affascinato dal concetto del corpo come riscoperta di un nuovo ma anche antico spazio di scrittura. A forza di osservare si era reso conto che non era neppure tanto importante quali fossero i soggetti dei tatuaggi, e che l'attrazione era generata dalla pelle (tanta pelle) dipinta in quanto tale, dal contrasto acceso tra il candore della cute e le linee dai colori ora accesi ora scuri che la percorrevano. Certo, un bel tatuaggio era comunque un bel tatuaggio, ma faceva poi differenza se si fosse trattato di una citazione di una poesia di Emily Dickinson o di un "Mio mini pony"?
Interessanti costruzioni teoriche, queste e altre a cui si dedicava, peccato che solo teoriche rimanessero. All'atto pratico l'uomo che amava le donne tatuate non era mai stato con una donna davvero tatuata. Sì, aveva frequentato ragazze che si erano dotate di piccoli marchi, ma erano quei gesti, quei riti dal valore altamente personale, pieni di significato, condensati in un qualche simbolo astratto... Insomma troppe riflessioni dietro a un po' di inchiostro perchè l'uomo potesse sentirsi soddisfatto. Sognava di schiene totalmente coperte da geishe, da draghi o madonne, di arbusti e rampicanti che avvolgono gambe e braccia, di rondini e uccelli vari che nidificano intorno all'ombelico, di seni che mostrano le tracce del passaggio di ogni sorta di animale. Si immaginava assorbito nell'atto di scorrere le mani su quei disegni, lentamente, gustandosi ogni singola porzione, accarezzandoli, baciandoli, passandoci sopra le labbra, leccandoli pure. Già normalmente la pelle di una donna ispira tutto questo, ma qui l'ispirazione è doppia, pelle in quanto tale e pelle in quanto tela solcata da un mondo di linee.
Ci sperava ogni volta che conosceva una donna, l'uomo che amava le donne tatuate. Che dietro l'aspetto normale, da brava ragazza (perchè sempre così erano le donne che gli capitava di conoscere, e in fondo gli piacevano pure le brave ragazze, solo che avrebbe voluto che fossero brave solo in apparenza, e d'altra parte quelle palesemente "ribelli" o "alternative" un po' lo inibivano), anzi, che sotto i vestiti, si nascondesse un multiforme universo colorato. Finora non era stato fortunato, ma non perdeva le speranze. Gli bastava notare la punta di un'edera o di un gelsomino spuntare su un polso lasciato scoperto da una manica che si ritrae all'improvviso per riprendere a sognare.
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